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Società pubbliche|In attesa delle regole sul tetto agli stipendi, I casi Fincantieri e Anas

In Italia l'assegno d'oro scompare dal sito

Il tetto agli stipendi nessuno lo vuole

Ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente

2009-03-17

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Dalessandro Giacomo

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2009-03-17

Stoppati tutti gli emendamenti non in linea con il decreto sul settore Auto

Salvi i super stipendi, inammissibile

l'emendamento che imponeva un tetto

La Lega che voleva bloccare a 350 mila euro i compensi dei manager pubblici. Stop anche alle norme sui precari

ROMA - Non sarà messa in discussione la proposta avanzata da alcuni parlamentari della Lega di mettere un tetto agli stipendi dei manager di banche e imprese che, in difficoltà per la crisi, beneficeranno di aiuti pubblici. Le proposte sono infatti contenute nell'elenco degli emendamenti al decreto "Salva-auto" considerati inammissibili per materia.

LA PROPOSTA DELLA LEGA - In particolare, un emendamento prevedeva che non potesse superare il limite di 350.000 euro annui il trattamento economico dei dirigenti di banche o istituti di credito che beneficiano in materia diretta o indiretta di aiuti anti-crisi. Un altro emendamento, considerato inammissibile, prevedeva che gli emolumenti corrisposti a qualunque soggetto avente rapporti di lavoro con le amministrazioni statali, o con le agenzie oppure con enti pubblici economici e d enti di ricerca, nonchè con i magistrati, non potesse superare il limite del trattamento corrisposto ai membri del Parlamento.

CANCELLATO ANCHE L'EMENDAMENTO PRECARI - Ma quello sui superstipendi non è l'unico emendamento cassato dalle commissioni Attività produttive e Finanze della Camera: su 400 proposte di modifica inoltrate al testo del dl sugli incentivi ai settori auto ed elettrodomestici quelle ritenute non ammissibili sono state 256. Tra queste c'erano anche quelle esaminate venerdì scorso dal Consiglio sui ministri a favore dei precari (che prevedevano, tra l'altro, l'aumento al 20% dell'indennità di disoccupazione per i cocopro). Quest'ultimo emendamento potrebbe però rientrare. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, si è detto "sicuro che tutti i gruppi condivideranno l’utilità del pacchetto" e il presidente dell'assemblea di Montecitorio, Gianfranco Fini, ha spiegato che "se c’è largo consenso tra i gruppi sulla necessità di discutere del pacchetto precari la presidenza della Camera ne prenderà atto". Fini, in particolare, ha sottolineato che "dipende dall’orientamento dei gruppi" perché "si tratta di emendamenti che ratio materiae sono inammissibili ma se c’è un largo consenso tra i gruppi ne prendo atto". "So che ne stanno discutendo in queste ore - ha detto ancora l'ex vicepremier -, si tratta di materie di forte impatto sociale. Un conto è l’interpretazione letterale del regolamento parlamentare, un conto è l’interpretazione politica. Se c’è convergenza sulla necessità di discutere, che non vuol dire convergenza sul merito, ne prendo atto".

17 marzo 200

 

 

 

 

 

Società pubbliche|In attesa delle regole sul tetto agli stipendi, I casi Fincantieri e Anas

In Italia l'assegno d'oro scompare dal sito

Il tetto agli stipendi nessuno lo vuole

Ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente

ROMA — Il Carroccio ha rovesciato sul decreto per gli incentivi alle imprese una valanga di 115 emendamenti. In mezzo, il più peloso di tutti: il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Se passerà, nessuno di loro potrà guadagnare più di quanto guadagna un parlamentare. Anche ai banchieri i leghisti vorrebbero imporre provocatoriamente il limite di 350 mila euro l'anno.

C'è solo un dettaglio. Il tetto c'era già, ma uno dei primi atti del governo di cui la Lega Nord è un pilastro decisivo, è stato metterlo in frigorifero. Ricordate la storia? I senatori della sinistra Massimo Villone e Cesare Salvi presentarono un emendamento all'ultima finanziaria di Romano Prodi che imponeva agli stipendi di tutti i dipendenti pubblici, manager aziendali compresi, un limite massimo pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione. In cifre, 289 mila euro. L'emendamento provocò feroci mal di pancia. Praticamente tutti i manager pubblici e l'intera prima linea della burocrazia statale e dei principali enti locali erano ampiamente sopra quel tetto. Ma Villone e Salvi riuscirono comunque a far ingoiare il pillolone ai loro riluttanti colleghi della maggioranza. E l'emendamento è passato.

Con il decreto legge di giugno il governo Berlusconi ha deciso di congelare il tetto, per la soddisfazione di molti. Ma soltanto per tre mesi. Giusto il tempo per fare un Dpr con cui il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta di concerto con il suo collega dell'Economia Giulio Tremonti avrebbero dovuto stabilire a chi e in che modo applicare il limite. Ma al 31 ottobre 2008, data fissata per la sua emanazione, di quel provvedimento nemmeno l'ombra. L'offensiva contro i fannulloni aveva assorbito le energie della Funzione pubblica, che prometteva comunque di risolvere il problema entro fine anno. I mesi però sono passati invano e si è arrivati a metà marzo, per avere notizia che solo nelle scorse settimane è stato costituito un gruppo di lavoro misto fra gli esperti di Brunetta e quelli di Tremonti per venire a capo della questione.

Una faccenda che però a quanto pare è piuttosto complicata per le spinte e le controspinte: che cosa si può cumulare, quali redditi si possono escludere dal calcolo, chi deve controllare. Fatto sta che non si sa quando il regolamento sarà emanato.

Inutile girarci intorno. Il tetto agli stipendi nessuno lo vuole, come dimostrano anche i tentativi di aggirare anche in sede locale le disposizioni tese a calmierare le indennità degli amministratori delle municipalizzate. Ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente. Soprattutto, come si può pretendere di far decidere le dimensioni della tagliola a chi ne dovrà essere vittima? Senza considerare un clamoroso effetto collaterale. Diverse imprese pubbliche hanno interpretato il congelamento del tetto come l'autorizzazione a congelare anche la trasparenza. Da alcuni siti internet aziendali sono spariti gli elenchi dei consulenti e i relativi compensi. Un paio di casi per tutti, quelli della Fincantieri e dell'Anas. Questa la spiegazione fornita dalla società delle strade: "Per la pubblicazione di tali dati l'Anas è in attesa dell'apposito decreto, così come stabilito dalla legge 129/08 del 2 agosto 2008 che converte in legge il decreto legge 97 del 3 giugno 2008. Al momento l'Anas, come tutte le altre società pubbliche, è tenuta a pubblicare sul sito internet solo gli incarichi, non rientranti nei contratti d'opera, superiori a 289.984 euro". Quanti? Uno: quello del presidente Pietro Ciucci. 750 mila euro l'anno, compresa la parte variabile dello stipendio.

Sergio Rizzo

17 marzo 2009

 

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